Le città giardino – vivere a Milano 2 e Milano 3

LA CASA SUBURBANA IN DUE CITTA’ GIARDINO DELL’AREA METROPOLITANA MILANESE – MILANO 2  E  MILANO 3

GIANCARLO MAZZONE

UNIVERSITA’ CATTOLICA – DIPARTIMENTO DI ECONOMIA INTERNAZIONALE

Maggio  2002 –   FRANCO ANGELI EDITORE

INTRODUZIONE

L’aria delle città rende liberi. In questo detto popolare tedesco la grande città è sentita come luogo di nuovi incontri, di opportunità, di sfide, di grandi visioni, di realizzazioni, un luogo dove potersi liberare dal peso delle tradizioni. La piccola città è sentita invece come luogo di vecchie conoscenze, di troppa tranquillità, di visioni un po’ opache, di riposo per il ritiro o per la sconfitta, un luogo dove le tradizioni sono più difficili da eludere. Si ritrova nel proverbio sopracitato il volto della modernità . In realtà la metropoli è, nei paesi in via di sviluppo, ed è stata, nei paesi sviluppati, il desiderio della modernità, la realizzazione della modernità, l’espressione degli aspetti positivi e negativi della modernità. Anche l’espansione storica della città di Milano è stata caratterizzata dai fenomeni di concentrazione urbana, tipici del passaggio da un modello agricolo industriale a un modello industriale.  Verso  la metà degli anni Sessanta, il rango di metropoli industriale e primo polo direzionale finanziario del paese bene segnava la maturità di questa fase evolutiva. La sua geografia dal capoluogo, dove stava concentrata, si era diffusa e sviluppata prevalentemente nei Comuni del Nord e, in minor misura, verso quelli dell’Ovest e dell’Est con integrazioni di reti urbane e di infrastrutture. Il massiccio decentramento delle attività di tipo industriale e l’accentramento delle attività terziarie nel capoluogo erano accompagnate da un processo di dispersione, segmentazione e segregazione degli insediamenti. Dopo  il grande ciclo edilizio del primo dopoguerra e sulla soglia del secondo, iniziato nel 1963- 1964 e protrattosi fino alla fine degli anni Ottanta, la metropoli milanese cominciava a denunciare i suoi malanni.  La saturazione della sua capacità di ricevere nuovi insediamenti iniziava a profilarsi. La carenza di spazi verdi e di aree salubri, l’inquinamento, il traffico, il disordine, il degrado ambientale e sociale di alcune sue zone erano tutti i segni lasciati dalla lunga e faticosa corsa verso la modernità. Fu in questo momento, verso la metà degli anni Sessanta, che alcuni operatori, intuendo una potenziale domanda di realtà abitative diverse,   accarezzarono l’idea di una città separata dal grande centro cittadino, in grado di costituirsi come un borgo residenziale appartato, ospitale, sereno e riposante. Fu l’emergere di un invito a scappare dalla congestione del traffico, dall’inquinamento, dalla folla, dal frastuono, dai fenomeni di criminalità e pericolo. Fu la proposta di una fuga dalla modernità che aveva trasformato la città, un tempo eco di una presenza umana, in una metropoli affollata e anonima, rumorosa e affannata nell’intrecciarsi aggregarsi e dividersi  dei suoi innumerevoli nuclei abitati. Intorno a quegli anni, peraltro, prendeva avvio con passo lento, ma invasivo, un nuovo modello di sviluppo. L’informatizzazione dei processi produttivi, unitamente alla crescita e alle innovazioni delle telecomunicazioni, stimolava una ulteriore evoluzione delle economie dei paesi sviluppati e dei loro stili di vita con l’avanzare del predominio dei settori dei servizi e dell’informazione su quello industriale. Iniziava in quel tempo il transito verso quella che oggi viene definita l’era postindustriale, l’era del postmoderno.   La ricerca di spazi  abitabili  di dimensioni adeguate per costruire nuovi nuclei organizzati urbani viene allora attivamente intrapresa da quegli operatori privati tesi a dare risposta a quei ceti medi o medio alti desiderosi di abitare in unità domestiche collocate in aree costruite a “misura d’uomo”, in cittadine  dove poter ricostruire nuove socialità e vivere con maggiore sicurezza. La realizzazione di Milano 2  a Segrate e di Milano 3 a Basiglio, così come di altri nuclei similari intorno a Milano, sono esempi  di luoghi  costruiti in un verde rinnovato, fuori dal caos della metropoli, non più quartieri dormitorio, luoghi abitabili che offrono anche possibilità di lavoro. Questa idea di costruire piccole città nel verde non è certamente nuova, Ebenezer Howard aveva già proposto le “città giardino” da realizzare in un “town-cluster”, cioè in un sistema di città. Era un modo per scappare dai mali sociali della vita urbana della Gran Bretagna della rivoluzione industriale alla fine del secolo XIX, per unire i vantaggi della città a quelli della campagna e per contrapporsi con le decisioni collettive della politica al “laisser-faire” del mondo anglo sassone.  Oppure, senza andare troppo lontano da Milano, nel Comune di Capriate san Gervasio, lungo la sponda bergamasca dell’Adda, si può visitare il Villaggio di Crespi, fondato dall’industriale cotoniero Cristoforo Crespi. Questo nucleo urbano rappresenta un caso di un paese inventato dal nulla, sul finire del secolo XIX, per fornire alloggio agli operai, agli impiegati e ai dirigenti del cotonificio, ubicato in quel paese. Mi soffermerò su queste “due città giardino”, più brevemente sulla prima nata, Milano 2, più diffusamente sulla seconda nata, Milano 3, per una loro descrizione e per una riflessione su due insediamenti, figli di uno stesso padre, il gruppo EDILNORD, nate dal nulla, come il Villaggio Crespi di Capriate d’Adda  o come Hampstead Garden Suburb a nord ovest di Londra, integrata all’area londinese dalla metropolitana e, ancora oggi, estremamente ricercata per la tipologia e la qualità delle abitazioni e per l’ambiente. Ma mentre la “company town”  del secolo XIX tendeva a coniugare filantropia e interesse economico per tenere lontani i malanni della modernità in cammino e le proposte di Howard erano basate sulla cooperazione tra  tutti i soggetti interessati ad avere una città con determinate caratteristiche, le due “città giardino” del secolo XX sono pura espressione del mercato, del ”laisser-faire”, concepiti come luoghi di rifugio dai malanni di una modernità matura e in declino e proiettati in una postmodernità  incipiente. La numerazione Milano 2 e Milano 3 ovviamente parte da Milano, la numero 1, e intende collegarsi al cuore storico della città, al suo essere, alla sua intraprendenza, alla sua élite sociale e culturale, alla sua proiezione nell’Europa e nel mondo.

 MILANO 2

L’area su cui sorge Milano 2 è ubicata nel Comune di Segrate, in adiacenza al Parco Lambro, su confine Nord-Est del Comune di Milano

Milano 2 viene progettata sul finire degli anni Sessanta in un momento di confusione di pianificazione urbana e di legislazione sostanzialmente lassista. Il miracolo economico aveva già trasformato il volto di Milano, l’immigrazione interna al paese coinvolgeva in modo consistente anche i Comuni esterni con uno sviluppo frenetico dell’attività edilizia. Il Piano Intercomunale Milanese, avviato agli inizi degli anni Sessanta, proponeva un minimo di regolamentazione per uno sviluppo urbanistico più armonico e razionale della grande area comprendente i 94  Comuni interessati. La proposta progettuale di Milano 2 per la rilevante dimensione, per le sue peculiarità e per la sua qualità spiccava in un contesto metropolitano diffuso, non controllato, senza  immagine dai tratti banali. In questa situazione si sviluppava il modello di abitato che si è concretizzato in questo centro residenziale. Un documento preparato dall’EDILNORD, nei primi anni Settanta così descriveva la natura di Milano 2:”Superato il concetto di quartiere dormitorio (solo pernottamento senza possibilità di divertimento, di comunicazione, di relazioni sociali), e del quartiere ghetto (dove esistono attrezzature capaci di favorire la vita comunitaria embrionale e il divertimento, ma limitatamente alla piccola comunità residente con tutti gli inconvenienti relativi e cioè vita privata sotto controllo, pettegolezzo, ecc.), è stato pensato un quartiere “aperto” che, per la sua particolare conformazione, consenta ai residenti di conservare la “pivacy” nelle zone residenziali e di instaurare nei luoghi di incontro, appositamente concepiti, una osmosi vitale e di rinnovamento continuo con la grande città; un quartiere, cioè che, superdotato per quanto riguarda le attrezzature commerciali, sportive, ricreative, culturali, funga da polo di attrazione nei confronti della città stessa, dando vita a un flusso di scambi sconosciuto ai quartieri sin ora realizzati. Un quartiere pilota quindi, che profittando di questa prerogativa e di altre caratteristiche ambientali, possa costituire un teatro ideale per lo sviluppo armonico della vita sociale, familiare, individuale”. Era la filosofia abitativa pubblicizzata, rivolta a una fascia di persone relativamente giovane e di posizione sociale piuttosto elevata, riflessa nelle tre tipologie residenziali diverse, tutte elitarie. Le “Garden Houses”, la tipologia più prestigiosa, sono case di una metratura molto elevata (circa 400 mq), tutte dotate di grande terrazzo (circa 40 mq) completamente attrezzato con zone a verde, angolo per il pranzo,  barbecue e ripostiglio. Ogni residenza di questo tipo è dotata di una terrazza all’ultimo piano provvista di piscina con acqua riscaldata, spogliatoi e solarium. La struttura  di Milano 2 (allegato 1) si sviluppa lungo un asse che funge da spina dorsale dell’insediamento abitativo, costituito da una sequenza di residenze condominiali nelle quali sono ubicati, lungo un percorso coperto a portico di oltre 1200 metri tutti i servizi commerciali. L’asse, che si articola a formare una piazza di fronte al lago sito al centro dell’abitato, si suddivide in tre sezioni che a loro volta costituiscono aree di tre distinti nuclei residenziali a sette piani. In esse gli edifici di abitazione sorgono a semicerchio attorno alla spina centrale con residenze condominiali costituite da tre a quattro edifici disposti a “C” intorno  a uno spazio comune destinato a giardino. Il centro commerciale, comprendente anche la zona degli uffici per oltre3000 addetti, è situato lungo la spina centrale dell’insediamento; le sei scuole invece sono state distribuite in tre zone diverse, baricentriche e raggiungibili a piedi rispetto alle abitazioni: tre scuole materne, due elementari e una media.  La piazza,  i servizi pubblici e i grandi giardini, il centro sportivo e quello religioso, il centro congressi e le associazioni private  sono tutti luoghi di aggregazione e di socializzazione. Il collegamento con il  capoluogo è favorevole, in quanto si trova  a soli 7 km  dal centro,  con un servizio continuo di pullman,  mentre la più vicina stazione di metropolitana ( stazione di P.le Udine) dista solo 800 metri, così come lo svincolo con la tangenziale Est. Nata  nel territorio di Segrate, ma  relativamente distante dal nucleo centrale del Comune,  si pone come insediamento autonomo a sé stante di circa diecimila residenti,  una frazione di Segrate, con grandi spazi a prato arredata con fiori e alberi, che si estende su una superficie di oltre 700000 mq con 2600 unità abitative, diversa dal Comune che la ospita, con un triplice sistema viario (veicolare, ciclabile e pedonale) e con servizi comunali e postali decentrati.

MILANO 3

L’area su cui sorge Milano 3 è ubicata a Basiglio, Comune non confinante con il capoluogo, nel Parco Agricolo Sud di Milano. Qui riaffiorano quelle acque che discendono dalle Alpi e scompaiono nella profondità della terra. E’ la zona delle risorgive, popolarmente definite fontanili, il cui sfruttamento permetteva un ciclo ininterrotto di produzione di foraggio. Aree agricole dotate di grandi spazi, recuperate all’attività produttiva dai monaci cistercensi dell’abbazia di Chiaravalle, non interessate nel passato dallo sviluppo industriale che preferiva collocarsi in terre più asciutte. Prima che Milano 3 sorgesse, l’antico Comune di Basiglio era un piccolo centro formato da meno di cinquecento persone che si dedicavano alle colture tipiche della Bassa Milanese, prevalentemente il riso e il foraggio. Situato tra le città di Milano (meno di 15 KM) e di Pavia(circa 25 KM), il territorio si estende per 846 ettari, confina con Rozzano (1 KM a Nord), con Lacchiarella (9 KM a Sud), con Pieve Emanuele (3 KM a Est) e con Zibido San Giacomo (2 KM a Ovest). Il progetto residenziale venne realizzato a partire dalla fine degli anni Settanta, circa 10 anni dopo la realizzazione dell’insediamento abitativo di Milano 2.  Milano 3 occupa il territorio di una vecchia azienda agricola, denominata “Romano Paltano”, una frazione del Comune di Basiglio, trasformata da società agricola in società immobiliare e acquisita dal Gruppo Edilnord nel 1975. L’iniziativa di urbanizzazione dei terreni della cascina “Romano Paltano” è nata al di fuori da ogni previsione della allora pianificazione comprensoriale. L’unico strumento di pianificazione esistente era la Proposta Territoriale Comprensoriale (PTC) del 1975, che si basava a sua volta sul Progetto Generale di Piano sviluppato nell’ambito del Piano Intercomunale Milanese del 1967. La proposta del PTC destinava l’area del Comune di Basiglio ancora a verde agricolo, ma con una normativa di salvaguardia più debole rispetto a quella dei territori circostanti. La diversa situazione consentì al Comune di Basiglio di approvare una Convenzione Urbanistica con la società immobiliare “Romano Paltano”. Milano 3 (allegato2) si estende su un’area di    1550 000 mq, dei  quali l’85%  è  a spazi a verde, attrezzature e giochi, il 10% è superficie edificata e il 5% sono strade.  Il sistema stradale differenziato su due livelli, il primo realizzato per le auto, il secondo per i pedoni e le biciclette, evita attraverso i ponticelli che contribuiscono a caratterizzare il borgo, l’interferenza tra i percorsi per le auto e quelli per i pedoni e ciclisti. Milano 3, con una popolazione vicina a diecimila  abitanti, presenta due tipologie edilizie: le “classiche” residenze a sette piani, blocchi di case  a più unità, e le villette unifamiliari a schiera. Le residenze a sette piani contengono 3159 alloggi, sono raggruppate in quattro nuclei di edifici, di cui 56 con un “lay out” a foglia e 17 con un “lay out” a schiera. Le villette a tre piani contengono 105 alloggi. Ampie aree a verde con piante e fiori, attraversate da stradine serpeggianti, ora abbellite da laghetti ora attrezzate per gioco o per il riposo, danno significato e ragione al disegno della collocazione a foglia e a schiera delle costruzioni. E’ Milano 3 che  rappresenta se stessa. Tutte le unità domestiche abitative gravitano poi intorno a tre nuclei pubblici. Il primo è rappresentato dal centro commerciale, dai ristoranti e bar, dallo sporting club  e da un residence hotel. Il secondo è costituito dal centro religioso, con la chiesa, l’oratorio e le abitazioni del personale religioso. I due nuclei sono riuniti sulle rive di un laghetto artificiale e con  la  piazza grande, le piazze più piccole circostanti, il ponte che attraversa il lago,  la vasta area adibita a parco centrale sono i principali luoghi dell’accoglienza e dell’incontro. Il terzo nucleo vicino agli altri due, ma separato dalla strada di circonvallazione, è il centro civico, dove sono ubicati gli uffici comunali, il centro sanitario e culturale (biblioteca), le scuole elementari e medie, le attrezzature per il ristoro degli alunni e quelle sportive a loro prevalentemente dedicate.  Nella zona Est del quartiere, vicino al centro commerciale, ma al di là della strada di circonvallazione, si trova Milano 3 City con accanto un grande e profondo lago, risultante da pluriennali escavazioni di pietrisco e ghiaia per costruzioni, folto tutt’intorno di vegetazione. L’aggiunta della voce “City” sta a significare in un modo un po’ ampolloso un complesso di consistenti e gradevoli costruzioni destinate a uffici, con una grande piazza completamente pedonale e con al centro strutture dedicate alla ristorazione e ai servizi bancari. L’ambiente è stato costruito, ma non del tutto ancora completato, con un’architettura moderna per essere integrato con una certa continuità con il centro residenziale di Milano 3. Gli uffici ospitano circa 3000 addetti. L’integrazione con il centro residenziale comincia con la Caserma dei Carabinieri,  il palazzetto dello sport, il campo sportivo e il golf  club, tutte strutture antistanti Milano 3 City. I parcheggi privati e pubblici per  residenti e  utenti sono in numero tale da soddisfare il bisogno di spazio, con l’eccezione di quelli adiacenti l’area commerciale nei momenti di maggiore traffico.

 UN PROGETTO EDILIZIO CHE AFFONDA NEL PASSATO

 Pienza, Palmanova, Versailles, San Pietroburgo sono esempi di città, taluni grandiosi, che pontefici, principi o sovrani fecero progettare e attuare, attraverso un impiego di risorse finanziarie destinate a quello scopo e, ovviamente, dirottate da altri possibili scopi. Molti progetti, infatti sono di  difficile realizzabilità, non per la loro difficoltà tecnica, ma per difficoltà di natura politico finanziaria. Un pontefice, un principe e un sovrano potevano decidere disponendo di potere politico e di risorse finanziarie corrispondenti di pianificare e attuare realtà pregevoli ed eccezionali. Ma  anche uno stato democratico e repubblicano può decidere in tal senso, come è stato per la città di Washington. Certamente Milano 2 e Milano 3 non sono Pienza e suonerebbe buffo pensare a loro come a una Versailles, ma la loro modalità di pianificazione ha riferimento in quelle storiche realizzazioni. Milano 2 e Milano 3 sono concezioni ideali, prepensate  e realizzate nella pianta urbana così come nella scelta minuta. Esse rappresentano la messa in scena di un modello immaginato di “architettura minore”, realizzato da un soggetto, che non era un architetto, che non era un urbanista, ma un uomo d’affari. L’abilità è stata quella di aver colto il momento opportuno per procedere alla loro realizzazione, di aver riversato in esse un gusto e una cultura, di essere riuscito a incorporare nel loro valore le suggestioni derivanti da un armonico equilibrio tra privacy e collettività, da una integrazione tra il costruito e la natura, di chi vuole ritornare alla natura, ma teme la desolazione della campagna. Iniziava, intorno al 1970, un grande cambiamento con riferimento all’azione pubblica nei confronti della città e del territorio. La riscoperta del valore dell’individuo e del privato e la crescente dubbiosità di consensi sui valori collettivi mettevano in crisi i tentativi di pianificazione di vasto respiro e di città fino allora sperimentati e il ”laisser-faire” incominciava ad aprire varchi che via via diventavano sempre più larghi. In quel contesto la “mano invisibile” si è mossa alla ricerca di una invenzione, di uno stile e di una qualità, frutto di esperienza e di educazione, e nella logica del mercato e del rischio ha effettuato scelte che per dimensione e scenario altri in Italia non hanno compiuto. Milano 2 nasce in un momento favorevole di mercato per intraprendere nuove iniziative immobiliari. Sul finire degli anni Sessanta il facile accesso al credito (i tassi d’interesse non superavano il 6%) e le agevolazioni fiscali favorivano l’attività degli operatori immobiliari. I fabbisogni finanziari del gruppo Edilnord erano sostenuti da un credito bancario che poteva contare, oltreché su una generale accresciuta domanda di abitazioni, anche su un piano di vendite relativamente più accattivante per l’innovativo progetto edilizio. Milano 3, realizzata dieci anni dopo, ha avuto un inserimento diverso nel mercato. Una larga quota di abitazioni di alta qualità era ormai soddisfatta, i costi di costruzione, tra cui in particolare il lavoro, erano cresciuti di molto e la legge Bucalossi raddoppiava gli oneri relativi alla edificazione dei suoli. Sul finire degli anni Settanta era mutato il mondo economico e il mercato immobiliare di riferimento. Ecco allora che la scelta, per quanto concerneva le risorse finanziarie necessarie ad alimentare il progetto, era quella di orientare il modello della seconda “città giardino” verso una città dell’affitto, ipotizzando la prevalente cessione delle residenze agli “investitori istituzionali”. Così il diverso previsto flusso di provenienza delle risorse finanziarie distingue i due insediamenti. Infatti Milano 2 presenta tre tipologie residenziali diverse, tutte elitarie, Milano 3 presenta due tipologie residenziali, meno elitarie. Milano 3 cerca di soddisfare una gamma di bisogni più ampia attraverso appartamenti studiati per esigenze più diverse. Dall’appartamento per giovani coppie, mono o bilocali, a quello con tre, quattro e più vani, alle ville. Ma l’idea iniziale di ricorrere agli ”investitori istituzionali” è destinata a venire meno, quando sul finire del 1978, la legge sull’equo canone di fatto cancellava il mercato delle vendite in blocco da destinare all’affitto. Le società assicurative, gli enti pensionistici e previdenziali preferivano all’acquisto degli appartamenti a uso residenziale quello di uffici e aree commerciali più redditizi, essendo questi non soggetti alla nuova disciplina. La “fortuna aiuta gli audaci” e la fortuna, se così si può dire, era costituita, sul finire degli anni Settanta, da una inflazione a due cifre che spingeva i privati alla corsa all’acquisto della casa come bene rifugio. L’investimento nell’edilizia abitativa era considerato la forma più valida di protezione del risparmio. La vendita delle case a singoli compratori ebbe un boom negli anni dal 1979 al 1981 proseguendo rallentata fino al 1984. A partire da quell’anno, anche gli investitori istituzionali cominciarono ad acquistare intere residenze.

Milano 2 e Milano 3 sono state così progettate, costruite e vendute. Il modello immaginato di creare due città giardino, in spazi agricoli vicini a Milano, ha trovato la sua realizzazione. Esempi tardivi, nati dall’iniziativa privata,  di come avrebbe potuto in gran parte ispirarsi, modellarsi e svilupparsi Milano e la sua cintura che lo sviluppo industriale ha invece oltraggiato così come ha fatto scempio di tante altre città e paesi. I valori della cooperazione sostenuti da Ebenezer Howard, l’idea di città e quartieri modello, anche per le più diverse fasce di popolazione, in una pianificazione articolata dal grande ambito territoriale a quello più piccolo, è rimasta un sogno che l’era del progresso delle città e paesi d’Italia non è riuscita nemmeno impostare.

 ALLE SOGLIE DEL SECOLO VENTUNESIMO

 La modernità del secolo scorso è stata il fattore primo dell’espandersi della città, mentre  il trapasso dalla modernità alla post-modernità segna l’espandersi del mondo suburbano. La mobilità è ben rappresentata dal mezzo privato, l’automobile, ma anche dai mezzi pubblici,  tram, autobus, treni e metropolitane. La comunicazione è ben rappresentata dalla televisione, ma anche dalla radio e dal telefono, e, oggi da Internet. Queste ultime sono tutte espressioni di una tecnologia che, connessa alla casa, ha favorito e favorisce gli insediamenti nelle aree suburbane. La casa dei sobborghi si è portata con la TV e con Internet il mondo tra le mura domestiche. Ma alla crescente facilità della comunicazione virtuale si contrappone la crescente difficoltà dei trasporti, dovuta alla congestione del traffico. Le attività umane si svolgono nell’ambito di un sistema, dove la città rappresenta ancora prevalentemente il punto di maggiore gravitazione. Recarsi al lavoro, allo studio, al divertimento, oppure in un qualsiasi punto della città per una qualsiasi esigenza, significa impiegare energie e tempi. Significa sostenere onerosi costi individuali e collettivi, soprattutto per quelle aree non favorite da una rete metropolitana di trasporti e dove l’automobile rappresenta infine il mezzo d’uso principale. Così l’economia, quella tendenza naturale dell’uomo di conseguire buoni risultati con i mezzi scarsi a sua disposizione, applicata all’uso e alla gestione del territorio per definizione scarso e limitato, pare non abbia avuto successo. Le decisioni collettive, visione ed espressione particolare della politica, che avrebbero dovuto regolare lo sviluppo di un territorio di vasta area, al di sopra dei singoli Comuni, per quanto riguarda l’area milanese, avevano trovato avvio nel Piano Intercomunale Milanese del 1961 e nelle Proposte di Piano Territoriale Comprensoriale del 1975. Ma questi strumenti di pianificazione a Milano, come in genere altrove, alla fine in parte sono stati disattesi per poi arenarsi, complici la confusione e l’inefficacia legislativa del nostro paese, ma anche la carenza di una cultura adeguata a livello territoriale e il prevalere di egoismi di parte.  Quali sono stati gli effetti, dopo la realizzazione di Milano 3, della assenza di una pianificazione sovracomunale?  Milano 2, meno lontana dal capoluogo, si avvale di una stazione metropolitana distante meno di 1 KM. Milano 3, più lontana dal capoluogo, si avvale di una stazione metropolitana distante più di 10 KM. Entrambe sono collegate da mezzi di superficie, ma l’uso dell’auto privata, soprattutto per Milano 3, è preminente.  Milano 3 ha una popolazione residente proveniente per circa il 60% da Milano città, per circa il 20% dall’interland di Milano e per il 10%, da altre città italiane e straniere. Inoltre circa l’85% delle persone che lavorano e studiano si recano con l’auto nel capoluogo. Al traffico di Milano 3 verso Milano, deve poi aggiungersi una parte del traffico d’auto, proveniente dai Comuni più a Sud, che ha scelto come via d’accesso al capoluogo quella di transitare da Milano 3. Quella che era una situazione già difficile alla fine degli anni Ottanta si è tramutata in una situazione pesante agli inizi di questo secolo, anche per effetto di decisioni prese dai Comuni di Rozzano e di Pieve Emanuele, i cui territori confinano  con quello di Basiglio. La strada, in uscita da Milano 3 in direzione del capoluogo   per via dei Missaglia, attraversa aree appartenenti storicamente ai due Comuni in una suddivisione a fette di certo non razionale con lo sviluppo verificatosi. Rozzano ha approvato alcuni anni fa l’utile insediamento di un servizio privato, l’Istituto Clinico Humanitas, il cui raggio d’interesse supera l’ambito del Comune ospitante. Pieve Emanuele ha autorizzato la costruzione sia di condomini di civile abitazione con negozi  e bar sotto il porticato sia di case con annesso laboratorio. L’effetto congiunto di tutte queste nuove costruzioni non solo ha sottratto potenziali spazi di allargamento alla principale arteria di Basiglio  con Milano, ma ha creato un punto di congestione, di pericolosità di traffico e di carenza di parcheggi che solo alcuni punti della città di Milano conoscono. La Clinica poteva forse trovare una migliore collocazione più all’interno  negli ampi e ancora disponibili terreni del Comune di Rozzano.  I Condomini con i portici di Civile Abitazione e le case con annesso laboratorio, realizzati a ridosso della strada  su licenza del Comune di Pieve Emanuele, non sarebbero mai sorti in una seria ed efficace pianificazione sovracomunale.  Il problema può apparire banale, certo ripetitivo di tante altre analoghe situazioni. Ma mentre ormai è quasi fatale accettare il caos di Milano, creata bella  attraverso una storia di secoli e deturpata dalla modernità, lo stesso non è sopportabile e accettabile in un punto di un sobborgo urbano nato solo da pochi anni. Alle soglie del ventunesimo secolo, anche al cittadino distratto e superficiale non sfugge il perdurante empirismo, la scarsa organicità delle costruzioni periferiche e il contrapporsi continuo delle decisioni di Comuni confinanti. Non sfugge il troppo pieno di abitanti di sobborghi nati per contrapporsi con realizzazioni e finalità diverse a una città, dove le vie non hanno più un rapporto ragionevole con il traffico, dove il disordine, il rumore e l’inquinamento non segnano di certo il percorso di una città civile. Così l’economia di mercato, che ha creato una mirabile Milano 3 nel Comune di Basiglio, entra in affanno quando dal suo territorio cerca di uscire per raggiungere il capoluogo con l’attraversamento di altri Comuni. La libertà individuale, talvolta entusiasta, talvolta intelligente, talvolta generosa, così come l’autonomia dei Comuni, senza un inquadramento superiore di riferimento, fanno pagare ai cittadini le  “gabelle” generate da una babilonica gestione del territorio. Ne deriva una ovvia riflessione l’economia di mercato e l’indipendenza dei singoli Comuni, per quanto riguarda il territorio, dovrebbero riuscire a tradursi in una economia urbana d’insieme che, oltre al rispetto del buon gusto,  tenda a ridurre i costi individuali e collettivi attraverso un processo continuo di pianificazione e di mediazione sovracomunale. Il continuo sta  a significare una revisione periodica dei piani regolatori, capaci di rappresentare una realtà in movimento e a cui la rigidità male si adatta. I piani dovrebbero dare una scala di priorità agli aspetti più critici del vivere insieme in una grande area urbana, il primo dei quali, a mio avviso,  è rappresentato dalla congestione del traffico e dall’inquinamento che ne deriva. I tempi, le procedure e l’inevitabile contenzioso possono presentarsi come lunghi e faticosi,  ma la tecnologia telematica può aiutare in maniera rilevante  una prima stesura dei piani regolatori d’insieme, una loro successiva definizione e rendere più facile la loro revisione periodica. Il cittadino che vive nell’era dell’informazione e dei servizi, che impreca nel traffico, che percepisce la scarsa educazione urbanistica sia dell’azione privata  che di quella pubblica non può rimanere indifferente. L’urbanistica di vasta area ha urgente bisogno di essere guidata. La postmodernità deve riuscire a rimediare, almeno in parte, ai danni  ereditati dalla modernità.

ABITARE  A MILANO 3 

Milano 3, come Milano 2, è una comunità organizzata sotto il profilo giuridico organizzativo. Il quartiere, costituito dai singoli complessi immobiliari, è disciplinato da un regolamento, sottoscritto da tutti i proprietari. Un amministratore provvede alla gestione dei beni e dei servizi di interesse comune. Sono beni del Comprensorio, così è definito il quartiere, le strade, i ponti, i campi gioco, i padiglioni per i servizi comuni, gli impianti generali e così via. Tra i servizi comprensoriali rientrano in particolare il servizio di manutenzione dei beni comuni, i servizi di pulizia, di giardinaggio e il servizio di sorveglianza, 24 ore su 24 ore. I beni comprensoriali sono di proprietà pro quota dei residenti e le spese sostenute per questi e per i servizi vengono ripartiti proporzionalmente tra di loro. L’amministratore del comprensorio ha la rappresentanza legale, cura il rispetto del regolamento comprensoriale e ha facoltà d’intervento presso tutti i residenti per la tutela dell’integrità estetica e funzionale del quartiere. Abitare in queste città giardino presenta modalità abitative diverse dalle comunità locali tradizionali. A Milano 3, ad esempio, abita una popolazione che indicativamente rappresenta il 90% della popolazione del Comune di Basiglio. Spazi e proprietà pubblica sono quasi inesistenti. Alcuni servizi che normalmente sono forniti dalla Autorità Comunale sono invece serviti dal Comprensorio, come la manutenzione delle strade, i servizi di pulizia e i lavori di giardinaggio del comprensorio. Alcune regole, che di norma sono dettate dal Comune, sono invece contenute nel regolamento del Comprensorio. Si potrebbe anche affermare che l’Imposta Comunale sugli Immobili (ICI) viene maggiorata, per una certa parte, dalla quota delle spese comprensoriali versata alla amministrazione di questo quartiere. In realtà due amministrazioni si sovrappongono una del Comune, l’altra del Comprensorio. A Milano 3 questa sovrapposizione è più evidente rispetto a Milano 2. Quest’ultima, nata nel territorio di Segrate, più distante dal nucleo storico di un Comune molto più popolato di quello di Basiglio, è rimasta un quartiere di quel Comune, anche se di proporzioni ragguardevoli. A Basiglio, le dimensioni in termini di popolazione si sono radicalmente invertite con la nascita del nuovo nucleo. Infatti la sede del Comune e la Posta sono state spostate nel cuore di Milano 3, dove è stata costruita anche una nuova chiesa che si è aggiunta a quella esistente del centro storico. Le funzioni religiose non si sono sradicate dal vecchio nucleo, mantenendo una distinzione tra i due luoghi. Un modo per tenere viva la storia e la tradizione dell’antico insediamento di Basiglio. Le due popolazioni non si sono mischiate, anche se gli abitanti di Basiglio usufruiscono delle attrezzature e dei servizi nati a Milano 3, mentre gli abitanti di Milano 3 frequentano bar e ristoranti, alcuni nuovi, collocati nel vecchio centro storico. I due luoghi rimangono separati,  sotto il profilo estetico e culturale, anche se il territorio vicino al vecchio centro è stato interessato da una espansione edilizia recente quasi un cordone che tende sempre più a unirli, così come la pista ciclabile che segue il corso ombroso della roggia la Speziana.

Milano 3 non è paragonabile alle comunità residenziali sorte numerose nel paesaggio degli Stati Uniti d’America e denominate “Common Interest Developments” (CID). Molte di queste nuove città, nate alla periferia dei grandi centri urbani, sono cinte da mura e reticolati, sorvegliate all’ingresso. Custodi controllano che solo residenti, ospiti, fornitori autorizzati possano accedervi. Milano 3 è cintata, ma solo da un bosco continuo di alberi e le strade sono aperte. Non esistono sbarramenti all’entrata. Unica eccezione, nei mesi della bella stagione, alla Domenica viene limitato l’accesso alle auto dei soli residenti per limitare l’invasione di visitatori che in massa si riversano nelle piazze, nelle stradine e nei parchi. Ma  i “visitors” che affollano le piazze, che passeggiano lungo i percorsi pedonali o giocano nel verde, che godono la vista del laghetto dai bar prospicienti rimangono sempre numerosi,  donando un’atmosfera di viva e piacevole festa a tutto l’abitato. E come in tutte le feste gli addetti alle operazioni di pulizia sono più impegnati nei giorni seguenti.  Negli Stati Uniti le amministrazioni di questi nuovi quartieri(CID) rivaleggiano con le amministrazioni locali, il ruolo del privato viene fortemente tutelato. Nell’esperienza italiana i ruoli diversi del privato e del pubblico sono rispettati e sembrano convivere in sostanziale buona armonia. A  Milano 3 la sede del Comune con le piazze adiacenti è parte integrante del suo paesaggio. La nostra cultura non ha voluto comunità chiuse in fortezze, ha voluto comunità aperte dove l’accesso, la visita, lo scambio fossero comunque da salvaguardare come valori rappresentativi di coesione sociale. I furti crescenti e le paure nascoste non dovrebbero cambiare questa forte tradizione nostrana. Nel 1980 il Comune di Basiglio contava circa 400 persone. Nel 1981, quando cominciava a nascere Milano 3, il numero delle persone presenti sul territorio si raddoppiava. Oggi le presenze superano i 9000 individui, di cui un migliaio circa abitano il centro storico, i piccoli nuclei sorti intorno ad esso e le cascine, mentre ottomila circa trovano ospitalità in Milano 3. Questo numero vuole solo essere indicativo di una comunità che, inizialmente formata da estranei, nell’arco di vent’anni ha assunto un suo profilo, caratterizzato da una frangia mutevole di cittadini stranieri, un 10% circa, di 40 nazionalità  e 10 religioni diverse. La forza lavorativa di Milano 3 stenta a raggiungere il 50% della popolazione per la presenza di molti bambini e giovani studenti, mentre prevalgono in quel 50% liberi professionisti, dirigenti e funzionari d’azienda e imprenditori. E’ una comunità i cui componenti sono dotati, in genere, di abbondanza di mezzi, espressione tipica di quelle società laboriosa e affluente, distintasi soprattutto per il merito. E’ una comunità largamente secolarizzata, nella prevalente parte della quale,  si percepiscono le radici di un antico cattolicesimo con alcune  venature di calvinismo. L’impegno per il lavoro, per l’avanzamento, per l’affermazione si riflettono nei comportamenti, nei discorsi e nei tratti delle persone. Ma l’assorbente lavoro, la tensione per il continuo miglioramento, così come l’impegno sociale e il sentimento religioso dove esiste, vengono diluiti dallo spirito della nostra epoca. Il consumo di beni, la bellezza del corpo, i luoghi di vacanza così come  l’esotismo dei luoghi lontani sono modelli culturali di uno stile di vita. L’austerità è un fiore difficile da trovare oggi e di certo non cresce nei giardini di Milano 3.  Il profilo prevalente di questa comunità sembra  fondere alcuni tratti di una etica tramandata dal passato con  un certo edonismo della vita moderna, così come il luogo tende a riassumere in sé le migliori caratteristiche della vita di campagna con quella urbana. Sicuramente questa osservazione è estensibile a tante altre comunità del nostro tempo, ma a Milano 3 mi  pare più percepibile che altrove. La si trova anche nella fisicità dell’impianto urbano.  Sulle vicine sponde del laghetto centrale, attraversato da un ponte di legno, da una parte, si scorge la chiesa tutta vetrate trasparenti quasi a estendersi nel verde che la circonda, tempio dello spirito e della cultura, dall’altra parte si erge lo Sporting Club grandioso, attrezzato, risplendente, il tempio del corpo e della bellezza. Questi due nuclei, uno finanziato anche con i costanti contributi dei cattolici, l’altro costruito dal capitale, sono stati in origine i luoghi dove più si sono intrecciate relazioni, conoscenze e amicizie, maturate anche nelle scuole e nel centro commerciale con i bambini e la spesa da fare. Una comunità  nuova di estranei che nel corso di vent’anni si è via via conosciuta, amalgamandosi, caratterizzandosi, dando vita, più che altrove, a una serie di associazioni con tanti iscritti, che vanno dalla Unitre , al centro culturale Tommaso Moro, all’Associazione Anziani, all’unione sportiva Nuovo Calcio,  a quella per il tiro dell’arco e a tante altre, segni palpabili di una società civile che ama frequentarsi, confrontarsi e vivere insieme. Il piccolo paese di Basiglio di origine e tradizioni contadine è stato fagocitato da Milano 3? Considerato il rapporto di popolazione quella del nuovo centro è prevalente. Questi residenti dicono vivo a Milano 3, dimenticando sovente di aggiungere nel Comune di Basiglio, gli altri dicono vivo a Basiglio, aggiungendo sovente dove è sorta Milano 3.  Il modo di dire esprime bene la situazione. Non  ha senso dire cosa unisce e cosa divide le due comunità, diverse per origine. Alle associazioni civili sono iscritti anche gli abitanti del vecchio borgo e questi incontri, più ripetitivi, insieme a quelli delle due feste patronali, più fugaci, sono i momenti in cui le due diverse anime si incontrano e socializzano, così come si incontrano e socializzano nei locali pubblici, soprattutto del vecchio borgo. Il nuovo borgo ha una forte simpatia per quello storico. Aver consapevolmente scelto di vivere a Milano 3 significa avere per metà un’anima contadina che ama la campagna e che si rispecchia nelle tradizioni di vita del borgo antico.

BIBLIOGRAFIA

ANDREA VILLANI – LA GESTIONE DEL TERRITORIO GLI ATTORI LE REGOLE – ISU Università Cattolica Milano 2002

ANDREA VILLANI –  SCELTE PER LA CITTA’ – ISU Università Cattolica Milano 2002

ANDREA VILLANI – LA PIANIFICAZIONE DELLA CITTA’ E DEL TERRITORIO Dal razionalismo al terziario avanzato – ISU Università Cattolica Milano 1986

PAOLA CECCATO – Tesi di laurea: MILANO 3 – LA LOGICA DI UN INSEDIAMENTO RESIDENZIALE – Università di Pavia 1994-95

JEREMY RIFKIN – L’ERA DELL’ACCESSO – MONDADORI Milano 2001